mercoledì 29 giugno 2011

Il mio Clarenzio...di Lorenza inquisition


Caro Clarence,
sabato scorso sei morto, e noi della E Street Nation siamo qua basiti a piangerti, a pensare alla morte e in generale a intasare il web. Questa è la prima e unica volta che ti scrivo, anche se sei stato nella mia vita per così tanti, tanti anni. Sei una di quelle persone che noi fan pensiamo di conoscere anche se non ci conosciamo davvero per sul serio, e comunque un po' ci conosciamo, in fondo.
Vi facciamo entrare nelle nostre vite, suonate per noi quando siamo tristi e quando stiamo bene, affastellate note su note sulle nostre emozioni e non ci stanchiamo mica, il tempo passa ma voi siete sempre lì per noi e con noi. Quindi sì, anche se a un estraneo pare assurdo, siete più di un'incisione in un solco, e vi vogliamo bene. Ma questo tu lo sai, non è che ti sto rivelando una profonda verità. E' come quel cartellone che Bruce ha visto tra il pubblico a Buffalo, e l'ha colpito così tanto che ha voluto tirarlo sul palco: It's only rock-n-roll but it feels like love.
Devo ammettere che ancora non mi sembra vero che tu te ne sia andato, anzi, non mi sembra possibile...un uomo così vitale e grosso e tanto, the biggest man you ever seen, master of the world, king of the universe, emperor of all the italians...dai com'è possibile che tu non ci sia più? E non è che io sia a corto di lutti e brutte realtà, come tutti purtroppo, eppure certe notizie sembrano veramente troppo grandi per poter entrare nella sfera dell'accettabile. Poi giorno dopo giorno ti metti al piccì e leggi tutti i messaggi di backstreets e delle mailing list, di tutto questo vasto mondo laggiù che vuol dire qualcosa su di te e sull'averti perduto, e così arriva il momento in cui capisci che sì, è vero, non ti vedremo più, e l'ultimo concerto della E Street c'è, in effetti, già stato. E a un certo momento metti su Born to run perchè vabbè, in un giorno così, è giusto e necessario, ascoltarlo. Cioè è morto Clarence Clemons, non è che vuoi metter sul piatto ligabue o giovanotti (non che in altri momenti, invece), e pensi che non è solo il fatto che probabilmente non ascolterai più Jungleland dal vivo. E' che di botto cominci a pensare che forse è proprio vero che una porta si è chiusa definitivamente sul passato, nonostante i nostri tentativi di continuare a fare i gggiovani con magliettine azzeccate e twitti stilosi. Caro Clarence, siamo qua, abbiamo quarant'anni e voi sessanta e oltre, e il tour del 1978 è finito, stra finito, morto -pure lui- da un pezzo.
Ma comunque adesso tutto ciò non importa, così come non importa se tu fossi un bravissimo sassofonista o un artista davvero creativo o un onesto zappatore di note.
Sei stato una persona molto amata, coerente lungo tutta la tua carriera con una certa aria di umiltà nonostante l'istrionismo e l'inevitabile protagonismo da palco, mai esasperato. Sulle mailing list stanno arrivando moltissimi messaggi in questi giorni da parte dei fan, tutti con una piccola storia da raccontare, un momento in cui dal palco li hai guardati, una stretta di mano nella hall di un hotel, o un aneddoto su un breve incontro con te, immancabilmente disponibile e sempre sorridente. Altri semplicemente vogliono raccontare l'inizio della loro lunga passione con Bruce e la E Street, e ti farà piacere sapere che tanti si sono innamorati non ascoltando la voce di Bruce o quel primo assolo di chitarra, ma nel momento in cui entrava per la prima volta nelle loro vite il suono del tuo sassofono. Certo, poi c'è una spataffiata di fan che devono piagnere on line dicendo robe assurde, tipo che ora sei lassù nei campi elisi che pascoli a miele e ambrosia e ovviamente dopo arriva Danny e vi fate na suonatina. A me non danno fastidio in realtà, perchè capisco che ognuno vuol dire la sua, te ne sei andato e ci manchi, neanche ci sembra vero comunque, e chiunque sia stato un vostro fan per un po' di tempo vuole salutarti e dire qualche cosa, in genere ad altri fan perchè è una forma di conforto collettivo. A me l'unica cosa che spaura a dire la verità è quell'immagine di te e Danny da soli nello spazio infinito a suonarvela, lui con l'organetto e te con il sax, forever and ever, amen. Quarantanni del miglior rockenroll mai suonato, e finite come dinamico duo a far cosa? Inni sacri? Improvvisazioni jazz? Jesus christ.
No guarda, dammi retta: andatevi a cercare Elvis e Johnny Cash, Hendrix e Keith Moon, se con lui non ci avete confidenza c'è sempre Jeff Porcaro, e divertitevi. Te' fatemi anche un piacere personale, ogni tanto tiratevi dentro a fare una cantatina anche Janis Joplin, secondo me ha cuore da vendere, e la ragazza mi sta un po' timida.
Clarence, c'è anche un'altra cosa che mi da' fastidio, faccio un attimo una digressione, scusa. C'è sta roba che sta succedendo, da che sei morto tu tutti attaccano a dire “No bè FINCHE' era Danny ok, dura ma sopportabile” o “Bè ovvio che si era tristi per Danny ma non COSI'”
Danny ascolta, non te la prendere, parlano per dare aria alla bocca. E comunque io non dimentico. Charlie là dietro al TUO posto mi da' solo fastidio, e poi s'allarga, una annoemmezzo in tour e tenta di fare il protagonista, ma statti cheto, e poi c'ha troppo la faccia da scemo. Nessuno di noi lo ama per sul serio, sta lì solo per fare il suo mestiere, che è sostituire te. Anche quelli che adesso dicono così e non lo realizzano, in realtà dentro di loro lo sanno, che manchi, e parecchio. E' solo che Clarence era il Big Man, era Walkin' like there ain't no wind, ain't no rain... era Clarence, cazzo. E allora, sai... Eh lo sai, certo.
Bè.
Clarence, io non sono una persona molto religiosa, e francamente la storia dell'aldilà con le nuvolette o della spiritualità che rimane non riesco a mandarla giù. Mi hanno cresciuta da buona cristiana, ma ho abbastanza deviato dalla retta via negli anni. E' trascorso molto tempo da che è morto mio padre, e ogni anno che passa io non è che lo senta più vicino, poco o tanto, interiormente o nei miei pensieri. Non lo sento proprio, non c'è più. Rimangono i ricordi, quello sì, le cose che ci ha insegnato, quelle due tre conversazioni indelebili che per qualche motivo non ti si schioderanno mai dalla testa. Rimane l'amore che ho avuto per lui, e la consapevolezza che mi ha voluto bene incondizionatamente.
Tu sei stato un musicista, e già sai di averci lasciato una serie infinita di strepitosi ricordi rockenrolli: le canzoni, gli assolo, i video, i siparietti on stage con Bruce, anni e anni di concerti.
Ma il tuo lascito va oltre a questo, e te lo voglio dire: ci hai insegnato che ci deve essere dignità nell'affrontare la vita anche dopo molte sofferenze fisiche e malattie; che si può essere grandissime persone pur mettendo il proprio talento al servizio di un altro artista, con umiltà e senza sceneggiate da primadonna; che il rockenroll può riuscire a trasmettere valori di amicizia e lealtà; che non ha davvero nessun significato il colore della pelle, e che due uomini possono abbracciarsi e baciarsi in bocca e continuare ad essere perfettamente sani, normali, e decisamente virili.
Caro Clarence, c'è un modo di dire in inglese che non avevo mai capito bene: quando c'è un lutto, si usa commentare con May His (o Her) memory be a blessing. E per me sta frase aveva un significato scacante, perchè quando tutto è finito, quando uno è morto e sepolto, quando il giro in giostra è terminato, ma chemminchia me ne frega di ricordare lo scomparso come una benedizione? Ma perchè?
Però l'altro giorno mi sono ascoltata la fine di Agora 78, Born to run, Because the night, Raise your hand, Twist & Shout...e il pensiero è per te, ma non sempre, e non con dolore costante. E' la mia musica, la colonna sonora della mia vita, ventotto anni di ascolto ininterrotto. Sarai sempre in quelle canzoni e in quelle note, e sì, bè, vedendo le cose in prospettiva è ovvio dire che in effetti il tuo ricordo è una benedizione. Non nel senso di incenzo e alucce di putti puttosi e di luci eterne da seguire, per carità didddio. Ma penso a come mi facevi ridere quando mimavi qualche faccia a Bruce, o quando alzavi il pugno ridendo, o quella volta a dublino che sto cazzo di piffero che c'avevi su american land non si sentiva e tu incurante di Bruce e di tutti gli altri ti sei messo a fare gesti ai roadies e quando finalmente te l'hanno sistemato sei esploso nel tuo enorme sorriso...e mentre ci penso rido, e mi sento bene dentro.
Clarence, non sarai mai dimenticato, e farà sempre male la tua assenza su quel palco, ed è orribile pensare di dover chiudere la porta su tutta quella che è stata la mia vita rockenrolla al vostro seguito per tutti questi anni. E' orribile, ma è anche vero. Ed è così che funziona il ricordo, e a seguire la vita. Sopporti, perchè non c'è altro modo.
Però veramente, come te quando soffiavi al grido di Bruce “Blow, Big Man, blow!” nessun altro, mai.

2003, all'uscita da un concerto americano in cui c'era la luna piena e Bruce aveva dato di matto per un'ora buona. Uno di quei concerti. Io stesa sull'asfalto del parcheggio a guardare le stelle, gli occhi pieni delle immagini che mi stavo rimandando in rewind.
Cristiano: Certo che Bruce è troppo un pirla quando fa sti versi sul palco con Stevie.
Inqui: Bruce FA il pirla. Stevie è, in effetti, totalmente un pirla.
Cristiano: E clarence?
Leo: Bè, Clarence. Clarence è il BIG MAN, cazzo.

Amen.

-- 
La Lorenz

Nessun commento: