giovedì 23 giugno 2011

Il mio Clarenzio..di Andrea Sartorati

A leggere i vostri bei racconti sulla dipartita del sassofonista mi accorgo di non poter ambire allo status di fan del bovaro come voialtri.

Io, che quando ho visto i primi messaggi su facebook e twitter, ho pensato che era proprio giovane. e che, dai, in fondo, non eran passatinemmeno due mesi dalla vittoria dello scudetto e non mi pareva di aver
visto clarence così fuori forma. poi ho capito che non salutavamo per sempre seedorf, ma il sassofonista della e street band.

poi avrei voluto fare lo spiritoso e chiedervi se clemons era quello con la bandana oppure il gigante (di solito, almeno dai tempi di "grissino"si dice gigante buono, chissà perché) nero con lo strumento a fiato.

invece no. perché anche in una ml cazzona e strafottente come questa c'è lo spazio per la riflessione. e, permettecetelo, la facciamo pure meglio degli altri.

la notizia mi è giunta in una notta insonne. capita spesso: rimani sveglio senza un motivo apparente e poi quel motivo arriva. magari è stato semplicemente il caffé bevuto tardi la sera prima o il mal di schiena per una corsetta improvvisata dopo troppo tempo di inattività, ma è confortante immaginare, sperare e illudersi che ci sia un
collegamento, una sorta di sceneggiatura profonda e malinconica fra eventi e nostri stati d'animo.

non ho la memoria enciclopedica né la cultura musicale per ricordare un assolo specifico e per mettere sul lettore un particolare bootleg. per dirla tutta ho ricordato anche episodi, come il mio primo concerto (verona 1993), in cui clarence nemmeno c'era. non c'era, vero?

ho pensato - come tanti, come tutti - semplciemente allo scorrere del tempo. al fatto che iniziano ad andarsene, con frequenza temporale sempre maggiore, i tuoi idoli e i tuoi cari. è morto clarence e ii mio
primissimo pensiero è stato per mia madre e per mio padre al piano di sopra e alla fortuna - chissà per quanto - di averli ancora lì.
non posso e non oso definire clarence un amico e un pezzo di me. gliamici sono quelli con cui puoi condividere una pizza e forse nemmeno di quelli ne ho tanti. ma con clarence, con la sua ingombrante - scenica,
simbolica, fisica - presenza, se ne va un pezzetto di vita.

se ho un ricordo specifico di clarence è una cosa che non riguarda assolutamente la sua musica. è la sua scivolata, con conseguente caduta al montjuic di barcellona, in una delle mie primissime trasferte
europee. quella scena, che se fosse stata ripresa e clemons  fosse ancora vivo, finirebbe forse in quei programmi orribili come "paperissima" con le risate finte in sottofondo. mi ricordo lo smarrimento dello staff, il tentativo di rimettere subito in piedi il baraccone - già approntato con l'abito nero e i drappi dello sfondo, quasi a voler nascondere che il nostro si muoveva già pochissimo - dello spettacolo come se nulla fosse accaduto. quella sera per me il sax ha suonato in maniera ancora più vera e più sofferta. non ho mai capito un cazzo di accordi, di stecche e altre diavolerie, quindi per me quello è stato il concerto dell'uomo e non dell'artista.

non siamo né invincibili né immortali. "se ne vanno sempre i migliori", ti dicono, quasi per consolarti. la triste realtà è che invece se ne vanno proprio tutti. si possono vincere tante sfide, ma non quella della vita.

la vita la puoi battere però con i ricordi che lasci. e siamo - siete - in tanti a scrivere parole belle, profonde, commoventi.

ecco, questa è la grande vittoria del nostro big man.

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