venerdì 28 maggio 2010

Spiegazione del finale di Lost

FONTE: MAGAZINE FOXTV
TITOLO: LOST, il finale; guida alla lettura
LINK : http://magazine.foxtv.it/2010/05/27/lost-il-finale-guida-alla-lettura/


Proviamo a fare il punto della situazione, cercando di far coincidere opinioni personali e spiegazioni fornite dagli autori

(Avvertenza spoiler: chi non ha ancora visto il finale di Lost non legga!)
Certezza: l’interpretazione del finale di Lost non è semplice. Il che, oltre a farmi piacere (chiamavo a gran voce un finale aperto), dimostra due cose.
Uno: il modo in cui abbiamo accolto il series finale dipende come abbiamo scelto di viverel’esperienza Lost (da uomini di scienza che vogliono tutte le risposte o da uomini di fede? Se rispondete “scienza” non siete in linea con la scelta degli autori: ci mettono 6 stagioni a far accettare la fede all’uomo di scienza, Jack, la cui razionalità fa capolino fino all’ultimo per fargli rifiutare la “rivelazione”. Ma alla fine ce la fanno. Ripaghiamoli di questa fatica, poveretti).
Due: se il finale fosse stato esaustivo (come molti si aspettavano dagli ultimi dieci minuti, a leggere in rete) a questo punto non saremmo qui a discuterne. E a chi pensa che siamo qui perché Lost è solo un esperimento mediatico ricordo che il finale doveva per forza essere già stabilito. Nessuno avrebbe prodotto la serie se non avesse saputo che l’isola, il percorso dei protagonisti, i flashback e quant’altro (qui  che ci sono state delle aggiunte strada facendo) erano metafore di un viaggio (interiore e non) e dei conflitti della natura umana (vita/distruzione, scienza/fede, destino/libero arbitrio, ecc.). Non si produce una serie su un disastro aereo e un’isola soprannaturale se si sa come inizia ma non si sa come finisce. Non è stato quindi il finale ad essere “incollato” agli ultimi dieci minuti: sono stati tutti gli approfondimenti intermedi ad essere inseriti durante il percorso (com’è noto, ad esempio, il personaggio di Ben doveva comparire solo nei panni di Henry Gale, che poi si rivela uno degli Altri). Sono aggiustamenti di rotta che fanno tutti, sempre, in base agli sviluppi narrativi (e ovviamente anche in base alle reazioni di pubblico e critica).
La natura stessa di Lost ha dato vita al meccanismo di domande e teorie che tutti conosciamo. Non lo si poteva tradire nel finale. Ecco perché non dobbiamo preoccuparci tanto delle risposte, quanto delle domande e della spiegazione che noi diamo loro. Rivedendo la serie, le spiegazioni ci sono: gli episodi sono disseminati di indizi, riferimenti, citazioni e metafore che possono portare ognuno di noi alla “verità”. Non discutibile su quanto ci viene spiegato esplicitamente, da interpretare e collegare liberamente su tutto il resto. Ecco perché lo spiegone (Boris insegna) che segue non ha alcuna pretesa di essere definitivo, anche se spero chiarisca a chi è arrabbiato perché non ha avuto le risposte che il valore di Lost non è nelle spiegazioni (che arrivino o meno), bensì in quello che è stato capace di farci fare: pensare, riflettere, leggere, confrontarci. Ed ecco perché prima di scrivere il mio non ho voluto leggere gli spiegoni altrui (come quello del presunto sceneggiatore di Lost che avrebbe spiegato il finale sul forum di DarkUfo, che Televisionando ha tradotto). Non li ho letti perché volevo tenermi il mio, di finale. Quello del mioLost.
Lost, il cui “cerchio” era chiuso fin dal principio: inizia e si conclude con il dettaglio dell’occhio di Jack (e non con le immagini di un aereo schiantato, quelle non c’entrano, come hanno spiegatoqui). Jack: il personaggio designato a ricoprire l’archetipo dell’eroe per la maggior parte del tempo e designato a condurci per mano lungo l’arco della narrazione. Jack: l’uomo di scienza che alla fine abbraccia la fede (avete presente una certa Scully?).
Isola, equilibrio e bomba
L’isola è un luogo designato a mantenere l’equilibrio: “fa da tappo” (letteralmente: è un tappo, quello che Desmond toglie e Jack rimette!) al “Male”, impedendogli di spargersi per il mondo e (cito) “distruggere tutto”. Il Male è quindi inteso come distruzione ed è collegato alla grande energia racchiusa dall’isola, potenzialmente distruttiva (Charlotte ed altri muoiono perché esposti troppo a lungo ad uno dei suoi effetti: i salti temporali). Si tratta della stessa energia che Widmore e il Progetto Dharma avrebbero voluto sfruttare a proprio vantaggio (facendo una brutta fine: l’uomo non tocchi ciò che non gli appartiene).
Non sappiamo se i fenomeni legati all’elettromagnetismo e all’energia abbiano basi “scientifiche” o “mistiche” (scegliete voi), fatto sta che influiscono sullo spazio e sul tempo. A questo io riconduco il famoso “ha funzionato”: l’esplosione della bomba ha riportato al presente quelli rimasti intrappolati negli anni ‘70.
Luce e Distruzione, Jacob e i candidati
Poiché la Luce è la scintilla vitale (parole della Madre), la fonte stessa della Vita, se viene fermata la Distruzione rimettendo il famoso “tappo”, la Luce torna a splendere e l’isola continua ad essere il luogo designato al mantenimento dell’equilibrio fra le due forze. Se l’equilibrio venisse spezzato, tutto verrebbe distrutto; quindi la Luce che si oppone alla Distruzione va protetta. Per farlo viene designato qualcuno che diviene immortale (altrimenti non potrebbe svolgere il suo compito per un tempo accettabile), e che poi si sceglie un sostituto, come fa la Madre (protettore) con Jacob (candidato). Jacob ne sceglie diversi: è il protettore dell’isola ad attirare i naufraghi (di vario genere, e in varie epoche) e Jacob decide di influire sul destino dei suoi prescelti facendo sì che si ritrovino sul volo 815. Li seleziona tutti prima del volo, scegliendoli perché sono persone infelici che hanno bisogno di un’altra occasione. E li contatta, se ci fate caso, in momenti legati ai “picchi” della loro infelicità. Per offrir loro una seconda chance.
Isola o Los Angeles?
La realtà dell’isola (perché l’isola è reale) ed i legami che si creano fra chi vi arriva offrono un’opportunità di riscatto, ovvero la “realtà alternativa” di Los Angeles… che non è affatto una realtà. I fatti sono quelli che accadono sull’isola. I processi di espiazione, i momenti in cui si affrontano le proprie paure ed i propri demoni e si ha l’occasione di fare scelte differenti avvengono nei flash-sideways di Los Angeles. È quella, dunque, la zona intermedia, il limbo, la fase in cui i personaggi sono sospesi fra due mondi. Quando sono pronti ad accettare la propria morte e hanno svolto i propri compiti, passano da un mondo all’altro. Non è un concetto così bizzarro: ci sono centinaia di racconti, film e telefilm che parlano di legami con la vita terrena, che si spezzano solo quando i cari estinti non hanno più “questioni in sospeso”. Ecco perché Ben non c’è, nella chiesa, insieme a Mr. Eko, Michael e Ana Lucia: Ben dice di avere ancora questioni in sospeso (Locke lo perdona, ma lui non perdona se stesso); Eko aveva già risolto con la fede, non ha bisogno di passaggi intermedi, mentre Michael non può averne perché è intrappolato, ancorato alla realtà terrena di “morto vivente” a causa delle sue gravi colpe (forse ci sarà possibilità di redenzione anche per lui, ma non lo sappiamo) e Ana Lucia probabilmente è ancora lontana dall’obiettivo. Come sempre, ognuno ha i propri tempi e il proprio percorso da seguire. Ma gli assenti potrebbero anche essere stati selezionati per non legarsi agli altri sopravvissuti: possiamo scegliere l’interpretazione che preferite. Calzano entrambe.
Andare avanti, passare oltre
Una volta trovata la pace, Jack muore sull’isola, da eroe, con accanto Vincent (perché non è vero che si muore da soli: il cane simboleggia consolazione e speranza). E muore solo dopo aver identificato e portato a termine il suo compito terreno: quando nella serie viene detto che “l’isola non ha finito” con qualcuno, si fa riferimento alle sfide e alle prove che ciascuno deve affrontare per trovare il proprio compito nella vita e portarlo a termine. Ottenendo in premio la famosa seconda occasione che, se accolta, permetterà di “andare avanti” (cito Christian), di passare oltre.
La natura di ciascun personaggio nel “limbo” è fedele a se stessa: nei flash-sideways tutti vivono una vita uguale o contraria a quella che hanno realmente condotto (Sawyer truffa / dà la caccia ai criminali; Jack ha problemi con la figura paterna / è un padre premuroso; Hurley pensa di non essere accettato / guida i suoi amici verso la rivelazione e la pace; Claire vuole dare Aaron in adozione / i genitori adottivi si tirano indietro e lei deve tenere il bambino, cosa che spiega anche perché il medium le aveva predetto che doveva crescerlo lei: faceva parte del suo percorso. E così via…).
Così, quando Jack è pronto il ritrovato padre gli spiega come stanno le cose (bisogna portare a termine il proprio compito, per avere le risposte…): quella chiesa è un luogo creato da lui e dagli altri per ritrovarsi, la “riunione” non ha datazione (alcuni sono morti prima di lui, altri molto dopo), ecc. Così Jack esce dal limbo, accettando il sacrificio della sua vita perché la scintilla vitale tornasse a splendere, la distruzione si fermasse e alcuni dei suoi amici si salvassero. L’aereo che Jack vede volare poco prima di spegnersi, sorridendo, è il volo Ajira con il quale i sei sopravvissutisi salvano.

Questo è “il succo”, naturalmente. Tutto il resto (orsi polari inclusi: molti chiedono degli orsi polari… Ricordate le enormi gabbie installate dalla Dharma, che aveva portato sull’isola animali di varie specie per condurre esperimenti?)… Tutto il resto, dicevo, può trovare una spiegazione rivedendo tutti gli episodi dal punto di vista del finale. Avete presente Il sesto senso o The Others? Ecco: è la stessa cosa. Solo che qui ci sono ben 6 stagioni da rivedere e ripensare, non 120 minuti…

venerdì 21 maggio 2010

C'e' chi dice che la storia si ripete ciclicamente.........

presa da Internet:

Caro calcioblog sono C…. e sono un interista (NDR NON IO EH!!! QUELLO CHE SCRIVE) (come si fa nei film americani per gli alcolisti).
Oggi non seguo il calcio come un tempo, e non vado più neanche allo stadio, ma stasera tornando a casa ho trovato sul tram i tifosi del Bayern di Monaco che andavano a San Siro per la partita contro l’Inter ed in quel momento la memoria è corsa indietro a quasi venti anni fa.
Era il 7 dicembre del 1988, avevo poco più di undici anni, il giorno dopo era festa e non sarei andato a scuola.
Quella serata doveva essere una serata speciale, perché potevo fare tardi, ma soprattutto perché era mercoledì di coppa e la mia Inter giocava contro il Bayern di Monaco.
Sembravamo imbattibili quell’anno. Primi in classifica, imbattuti in campionato e avevamo ancora tutti negli occhi la gara dell’andata con Berti che galoppa per 65 metri, segna e corre sotto la curva dei tifosi neroazzuri dove si inginocchia terra.
Dopo lo 0-2 dell’andata quella gara di ritorno doveva essere una formalità perché a San Siro non passa nessuno.
Mai in vita mia prima di allora e poche volte dopo di allora ho pianto per una partita di calcio.
A cavallo tra il 33° e il 40° minuto di quella maledetta gara, il Bayern va in rete tre volte.
Non vi nascondo che ho impiegato dei giorni a riprendermi

...

giovedì 20 maggio 2010

PREMONIZIONI...........(di Brazzoni)


Ieri sera sono andato in pellegrinaggio a veder la Sindone. 
E' stata una bella serata, coda civile, gente normale e ho assistito ad un miracolo.
Appena sono arrivato davanti al Sagro Telo, sono caduto in trance.
 Fissavo la Sindone e mi sentivo trasportare in un'altra dimensione.
 Ho avuto la netta percezione che fosse veramente il Sudario di Gristo.
 L'ho visto sul Golgota, con la corona di spine e il soldato romano che gli conficcava una lama nel corpo scarno. 
Ho visto la Madonna che piangeva per cotanta sofferenza, ho visto il suo corpo avvolto da un telo di lino,
 ho visto Gesu' risorto che mi parlava,
 ma non capivo le sue parole, 
mi avvicinai di piu'
 e 
Lui
 bisbigliando: 

"Ho detto uno a zero, gol di Shweinsteiger".

domenica 16 maggio 2010

Tutto finisce ........(anche gli incubi)


Un finale degno della nostra stagione.
Un incubo durato 33 giornate se togliamo la prima .....unica giornata che ci regalò qualche soddisfazione e un ci fece scoprire quello che in seguito si sarebbe rivelato un clamoroso bluff: Diego Ribas da Cunha chiamato più semplicemente Diego.
Per avere questo "fenomeno" si sono spesi 24,5 milioni di euro in tre rate.
Veramente dei geni !
Il resto è solo da dimenticare....
Peggio di così non credo si possa fare (va bé lo si diceva anche dopo la disastrosa stagione del condottiero Gigi Maifredi...ma almeno quell'anno qualche soddisfazione ce la togliemmo..e arrivammo in semifinale in Coppa Campioni) per cui, come ha detto un amico..l'unica cosa da dire è:
C'MON , RISE UP!!!!

venerdì 14 maggio 2010

New York

    ..........................I said, "Hey baby won't you take my hand, walk me down Broadway................


giovedì 13 maggio 2010

MIA CUGINA!! MY COUSIN!!!

the clock - music and lyrics by Margherita Pirri
It seems to me that clocks aren't very different from us..
grey, coloured, white and black. Clocks made of different sizes and shapes.
Will their life be long or not?
We certainly don't think about this when we buy a clock.
It's enough for us to hear them ticking every day.. they are recalling us that time goes by.. and that maybe it won't be bad if we took a break just to sit down and think...


Enjoy!!











The clock - musica e testo di Margherita Pirri
Non siamo poi tanto diversi dagli orologi.. grigi, colorati, bianchi e neri. 
Orologi dalle più svariate grandezze e forme. La loro vita sarà lunga o breve? 
Di certo quando compriamo un orologio questa domanda non ce la poniamo. 
Ci basta che il loro ticchettio ci accompagni ogni giorno.. pare vogliano ricordarci che il tempo passa.. e che forse ogni tanto non fale fermarsi a riflettere...

Stati d'animo

Ecco, oggi mi sento così :

mercoledì 12 maggio 2010

Keane - Night Train BBC Review

Questa le recensione della BBC sul nuovo disco dei Keane (se metto il link forse è meglio)
http://www.bbc.co.uk/music/reviews/hfx2
e questa di  COS
http://consequenceofsound.net/2010/05/14/album-review-keane-night-train-ep/

Stroncatura totale...quoto:
Night Train is just a failed experiment from a band who is trying to reestablish themselves in a way that just isn’t flattering.


La mia recensione:
poche parole: pessimo disco a metà fra brit-pop fine anni 80 e hip/hop metà 2000.
una delusione rispetto ai splendidi tre album precedenti

Scarabeo...

E andiamo!!!!



martedì 11 maggio 2010

Tutto iniziò così...(di Anna LittleMax)


Tanti e tanti e tanti anni fa scoprii l’esistenza di Springsteen. it.
Non ho il benché minimo ricordo di come venni a conoscenza di questa simpatica mailing list. Il buio più totale. Probabilmente cercando notizie su Bruce mi ci imbattei per caso. Mi iscrissi e, udite udite, mi presentai al gruppo.
Qui è necessario fare una precisazione importante. Può essere considerato un passo scontato e naturale presentarsi quando ci si approccia a un gruppo di persone, reale o virtuale che sia.  In realtà non è così vero come sembra. Occorre entrare nella mentalità di una fanciulla poco propensa a fare amicizia, perché dotata di una timidezza sconfinata, inenarrabile, imbarazzante da raccontare. Con queste premesse, capirete che non fu poi così facile scrivere cose impegnative come “ciao, mi chiamo Anna”. Ammetto che un fattore decisivo mi spinse a frantumare questa barriera di timidezza e fu il fatto di aver trovato dei fans springstiniani, i famigerati “qualcuno come me”, definizione che a quei tempi faceva capolino una riga si e una riga no di ogni mail di chiunque scrivesse sulla mailing list di cui sopra. Questo concetto del qualcuno come me, che poteva essere anche declinato in “qualcuno che capisce” o nel più alternativo “uno che prova le stesse cose”, era un fiume impetuoso che straripava rompendo gli argini dell’isolamento springstiniano nel quale, fu presto chiaro, decine e decine di persone avevano vissuto sprofondate fino alla gola per lunghissimi anni della loro esistenza.
Personalmente il mio eremitaggio musicale era dovuto ad una permanenza ultraventennale in un ameno paesino di anime 4000 dove, statisticamente parlando, era improbabile una forte rappresentanza di fans.  All’epoca ne conoscevo due, uno dei quali ero io.  
Mi presentai, dunque, e fui festosamente accolta da “uno come me” che nella fattispecie era il mio caro amico Mario Motta che in un amen diventò per sempre  Marmotta, novello babbo (adesso, non allora). Com’è come non è, non me lo ricordo, nel giro di poco si organizzò una cena di fans sabaudi  in una pizzeria di Torino.  Apparvero visi che ormai fanno parte della vita quasi quotidiana, come il Marello, Paolone Ambrosioni, la mia grande amica Valentina, i capelli sbarazzini di Marco Grella con il quale ci riconoscemmo al saluto di Cdf.  Un bel numero di persone, segno che i Torinesi avevano scoperto con grande gioia che molti tra i vicini di casa rientravano nel novero di “quelli che capiscono”.

Se non ricordo male cominciò così. Le date precise non me le ricordo, ma siamo tra il 2000 e il 2001. O forse tra il 2001 e 2002. No, prima..perchè mi ricordo che all’epoca delle Torri eravamo già tutti grandemente infognati sotto  valanghe di affetto.
 Pian piano il gruppo virtuale si allargò a dismisura. Ho ricordi molto frammentari dei primi incontri con le diverse persone….  vagamente un Reggello, ma non chi vi incontrai.  Ricordo perfettamente il primo incontro con Stefania e Cristiana, entrambi del tutto al di fuori di contesti di “reunion”, altro termine del quale facemmo grandissimo uso per lungo tempo. Ricordo che a un certo punto incontrai Manu da Anna ed Ettore insieme a Virginia, e la mia conoscenza di Manu parte da lì perché fino a quel momento non ricordo niente.
 Man mano che il tempo passava i nomi cominciavano  ad avere un volto: ricorderete anche voi la campagna “finalmente do un volto a un nickname!”. Era quasi obbligatorio al ritorno da qualche incontro scrivere un’email nella quale si esprimeva il piacere e la gioia immaginifica di aver conosciuto tante persone. E le si elencava per nome. Tutte quante. Facendo ben attenzione a non saltarne nemmeno una, provvedendo magari ad inviare una seconda email se ci si scordava di qualche nome. I più previdenti e scaltri concludevano con la formula che salvava capra e cavoli del “grande abbraccio a tutti quelli che ho incontrato e dei quali mi sono scordato”.  Spesso si aggiungeva la postilla “perché sotto l’effetto di 5 birre medie”. Il mio amico Adelio Cartana era un fenomeno in questo senso, ma allora non glielo potevo dire perché mi incuteva timore. A volte gli incontri erano bizzarri, a volte no. A volte incontravi persone con le quali ti trovavi meglio, a tuo agio, a volte meno. In fondo la mailing list era un piccola metafora della vita,dove ogni incontro ti regala qualcosa ma non necessariamente qualcosa che rimarrà. E anche questa è poesia.  
Ci furono episodi che ci tennero allegri per lungo tempo, ci furono personalità che ci scombussolarono non poco. Ci fu chi ci diede modo di capire qualcosa a proposito del termine “instabilità”, faccenda in merito alla quale pian piano quasi tutti cedemmo le armi. Io e il Cala tra gli ultimi, temo. Sempre per quel voler vedere quella piccola lucina buona in fondo a chiunque e voler fare lo sforzo di concentrarsi su questa. L’altro giorno uno dei nostri docenti ha detto che il bravo psicologo è quello che sa fare questo: concentrarsi sulla parte buona dell’essere umano.  In quel momento mi sono sentita molto brava psicologa e anche molto grande pirla. Probabilmente per fare l’uno devi essere anche l’altro: ho delle potenzialità. Peccato non mi ricordi per niente la prima volta che incontrai il Cala e questa è una cosa davvero triste.
In mailing list si viveva di amore riflesso e  si scrivevano queste cose meravigliose  delle quali io non rinnego nemmeno una riga che grondavano affetto e commozione ogni piè sospinto. Ci si commuoveva un po’ sempre e per tutto,  canzoni, libri e concerti. Ed era bello anche così. All’epoca si poteva ancora parlare di brividi e lacrime senza paura o vergogna. Non sempre, qualcuno più di altri, io a piene mani… 
Altri termini amati agli albori springstiniani erano fratello e sorella. Si passò dallo stato anagrafico di glorioso figlio unico a un tripudio familiare mai visto prima. Sembrava di stare in un convento dove al posto del velo e del saio si indossavano le magliette dei concerti. 
Mi ricordo perfettamente che tutto il gruppo milanese mi metteva in tremendissima soggezione,come fanno spesso le personalità prorompenti nei confronti di quelle un po’ più schive. O come fanno i milanesi con i torinesi ed è per questo che ci facciamo soffiare sotto il naso aziende storiche e manifestazioni, che se mi portano via il Salone del Libro tiro giù a picconate qualche simbolo milanese (al momento non mi sovviene nessun simbolo bauscia se non  la Madonnina, ma io non farei mai violenza alla Madonnina).   Il Sari e il Brazzoni mi sembravano di un altro mondo. Ricordo che un giorno qualcuno mi suggerì di iscrivermi a otb. Io lo feci e visto che mi avevano detto che lì si rideva molto, diedi tempo mezza giornata e poi scrissi qualcosa del tipo “beh, non mi sembrate così divertenti!”, pensando di essere spiritosissima e molto allineata allo spirito del gruppo. Mi rispose il Brazzoni scrivendo “prova a farci ridere tu…”. Fu il primo e ultimo messaggio che mandai su otb per un anno e mezzo. Non è che mi fossi offesa, sia chiaro: ero rimasta traumatizzata. Ma questo venne molto dopo.  Diego scriveva cose piuttosto forti, non è che lo considerassi snob ma una volta lo incontrai a un concerto e lo vidi salutare nella mia direzione. Mi venne naturale voltarmi per vedere chi ci fosse alle mie spalle. Poi, a New York, portò la mia valigia dall’ascensore alla porta della mia camera: 10 metri. Pensai che in fondo poteva anche rivelarsi simpatico e meritava il beneficio del dubbio.
C’erano altre persone che per anni furono solo nomi: il Magni, per esempio. Lui era il grande capo di Bruce.it, aveva il Potere. Era inavvicinabile. Egli aveva la Conoscenza di ogni fatto e misfatto di Bruce. C’era  la Inquisition, figura mitica nel senso letterale del termine di colei che “prende su e va da sola in America a sentire Bruce”. Cosa questa che ha sempre suscitato un misto di invidia e rispetto e anche un po’ di timore, va, diciamocelo pure.  Questi due personaggi qui, Sapevano. Facevano parte di quella categoria che ti sapeva citare a memoria le parole di ogni singolo pezzo raro contenuto in bootleg mai visti. Permettete che io,  che l’unica canzone di Bruce che ho mai VERAMENTE imparato a memoria è Bobby Jean, potessi sentirmi in soggezione? Qui bisognerebbe aprire una parentesi sul discorso bootleg, ma finiremmo dopodomani. Basti dire che non avevo mai sentito parlare di niente del genere ma che non lo confessai mai, così come non confessai mai di non avere nemmeno la discografia ufficiale completa. Non lo confessai allora e non lo confesserò nemmeno ora, visto che continuo a non averla, la discografia ufficiale completa. Ma ho amato e amo Bruce di amore vero, comunque. E così sia.
Insomma, mi sembra che gli inizi siano stati più o meno questi. Qualche volto è sparito nella nebbia, qualche nome non si è mai materializzato. Qualcuno è entrato nella vita e non è più andato  via. C’è stato moltissimo divertimento, molte risate e tanta musica.  In alcuni magnifici casi ci si è accorti che dopo un po’ non si parlava più di Bruce: lui rimaneva sempre lì, sullo sfondo, ci metteva la colonna sonora però il copione del film cambiava, perché ci si accorgeva che quel “qualcuno come me” che ci aveva portati ad incontrarci non era limitato ad un unico discorso: era un come me molto più esteso, molto più vasto.  Ognuno riconosceva qualcun altro, qualcuno un po’ più simile a se. Con altri, finito di parlare di Bruce, non si sapeva più cosa dire e andava benissimo così: non è obbligatorio sforzarsi di avere qualcosa in comune con tutti, in fondo.  Alla lunga i termini fratello e sorella assunsero significati diversi, si cominciò ad usarli con parsimonia e diventarono più veri. Vere come le amicizie più reali, più vicine, più quotidiane, le prime alle quali telefonare nel bene e nel male. Tante cose fecero da filtro, in alcuni casi fu il Dolore, termine sconveniente da inserire in uno scritto che vuole esaltare la leggerezza delle cazzate e che per un attimo volge al crepuscolo della malinconia, ma il dolore è spesso il cemento che solidifica le amicizie più forti. Nemmeno springsteen. it e tutto quello che ne derivò sfuggì a questa regola. Per me fu così.
Un grande abbraccio a tutti i mailers che ho incontrato e dei quali non ho parlato altrimenti non finivo più: see you on the road, somewhere in the land of hope and dream. Oh yeah!

Ci riproviamo

ancora una volta...vediamo se questa sarà quella buona.
Benvenuti