giovedì 23 giugno 2011

Il mio Clarenzio...di Anna Massimino






La morte di Clarence  mi ha riportato al 20 aprile 1999.
Era il mio secondo concerto di Bruce. Il primo era stato quella della sera prima. Come il giorno precedente io e i miei amici eravamo arrivati prestissimo davanti al Forum ed eravamo avanti nella fila. Non troppo avanti, perché non sapendo delle cose del mondo e delle regole dei concerti in particolare, non sapevamo che un fan serio che ambisce alla transenna non  arriva la mattina presto davanti al Forum:  è lì dalla sera prima, ha dormito davanti ai cancelli. Malgrado questo, comunque, eravamo abbastanza avanti.  Io ero fuori dal mondo, musicalmente ignorante. Figuriamoci cosa ne sapevo di logistica concertistica.
Un’altra cosa che proprio non potevo immaginare era cosa si poteva dire e, soprattutto, cosa NON si poteva dire a proposito dei concerti. Non avevo idea che ci fossero persone disposte a uccidere pur di ascoltare una canzone e altre disposte ad uccidere pur di non sapere la scaletta dei precedenti concerti. Insomma, c’era tutto un trigo e io non capivo niente. Dall’alto della mia spettacolare ingenuità  capivo solo che la sera prima aveva ascoltato qualcosa di magico e quindi stavo lì, raccontando  a chi era disposto ad ascoltarmi, a chi non era disposto ad ascoltarmi e anche ai pali della luce, cosa era successo la sera prima.  E’ così, a intervalli regolari, ecco la mia vocetta alzarsi di tono ed esclamare “ieri sera ha fatto Jungleland!!!”. E una volta, e due, e quindici…..i miei occhi brillavano, il mio sorriso brillava, che bello che era stato!  Fino a che un ragazzo in fila con noi si voltò verso di me e con quel tono di voce tipico del mio amico Sari quando vuole farti capire che gli hai fracassato le palle, mi disse “senti…..per favore….smettila…..”.
Perché lui la sera prima non c’era. E Jungleland non l’aveva sentita. E lui avrebbe ucciso pur di ascoltare Jungleland. E io, che a malapena sapevo esistesse una canzone che si chiamava così, non è che avessi proprio tanto il diritto di vantarmi di quell’emozione…..
Lui non aveva sentito quel momento di sax lunghissimo, quel suono che si era disteso nel  silenzio e che aveva avvolto il pubblico legandolo insieme con un filo vibrante di note,  quel filo al cui interno passava una leggera elettricità, non mortale..oh no! ma capace di darti una sottile scossa,  fremente, appassionata, in grado di immobilizzarti e scuoterti nello stesso tempo, di tenerti inchiodato al pavimento e poi portarti su, in alto, per lasciarti lì sospeso, solo un momento, solo un attimo….ma così grande, così immenso che quasi sembrava non avere fine, ti faceva volteggiare che quasi ti perdevi, e poi ti riappoggiava a terra, con dolcezza, per non farti male. Ma male te ne aveva fatto comunque, a te che non lo avevi mai sentito un concerto di Bruce. Doveva averti fatto male per forza perché altrimenti non ti potevi spiegare le lacrime. Doveva averti fatto male….eppure non sentivi dolore…
Io non penso di aver perso un amico. Clarence non mi ha mai chiamata per raccontarmi dei suoi guai e io non gli ho mai telefonato. Non penso di aver perso un esempio di vita, perché non ho la minima idea di che cosa facesse nella sua vita privata: se accudisse i bimbi delle favelas o se riempisse la moglie di botte. So che vederlo giocare e ridere con Bruce, sul palco,  metteva qualcosa di bello dentro il cuore.
Però so  che se n’è andato un musicista che una notte di tanti anni fa ha fatto una magia e una magia come quella non la riascolterò più. E’ come chiudere un libro sapendo che non lo potrò mai più riaprire. E’ triste.

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