martedì 11 maggio 2010

Tutto iniziò così...(di Anna LittleMax)


Tanti e tanti e tanti anni fa scoprii l’esistenza di Springsteen. it.
Non ho il benché minimo ricordo di come venni a conoscenza di questa simpatica mailing list. Il buio più totale. Probabilmente cercando notizie su Bruce mi ci imbattei per caso. Mi iscrissi e, udite udite, mi presentai al gruppo.
Qui è necessario fare una precisazione importante. Può essere considerato un passo scontato e naturale presentarsi quando ci si approccia a un gruppo di persone, reale o virtuale che sia.  In realtà non è così vero come sembra. Occorre entrare nella mentalità di una fanciulla poco propensa a fare amicizia, perché dotata di una timidezza sconfinata, inenarrabile, imbarazzante da raccontare. Con queste premesse, capirete che non fu poi così facile scrivere cose impegnative come “ciao, mi chiamo Anna”. Ammetto che un fattore decisivo mi spinse a frantumare questa barriera di timidezza e fu il fatto di aver trovato dei fans springstiniani, i famigerati “qualcuno come me”, definizione che a quei tempi faceva capolino una riga si e una riga no di ogni mail di chiunque scrivesse sulla mailing list di cui sopra. Questo concetto del qualcuno come me, che poteva essere anche declinato in “qualcuno che capisce” o nel più alternativo “uno che prova le stesse cose”, era un fiume impetuoso che straripava rompendo gli argini dell’isolamento springstiniano nel quale, fu presto chiaro, decine e decine di persone avevano vissuto sprofondate fino alla gola per lunghissimi anni della loro esistenza.
Personalmente il mio eremitaggio musicale era dovuto ad una permanenza ultraventennale in un ameno paesino di anime 4000 dove, statisticamente parlando, era improbabile una forte rappresentanza di fans.  All’epoca ne conoscevo due, uno dei quali ero io.  
Mi presentai, dunque, e fui festosamente accolta da “uno come me” che nella fattispecie era il mio caro amico Mario Motta che in un amen diventò per sempre  Marmotta, novello babbo (adesso, non allora). Com’è come non è, non me lo ricordo, nel giro di poco si organizzò una cena di fans sabaudi  in una pizzeria di Torino.  Apparvero visi che ormai fanno parte della vita quasi quotidiana, come il Marello, Paolone Ambrosioni, la mia grande amica Valentina, i capelli sbarazzini di Marco Grella con il quale ci riconoscemmo al saluto di Cdf.  Un bel numero di persone, segno che i Torinesi avevano scoperto con grande gioia che molti tra i vicini di casa rientravano nel novero di “quelli che capiscono”.

Se non ricordo male cominciò così. Le date precise non me le ricordo, ma siamo tra il 2000 e il 2001. O forse tra il 2001 e 2002. No, prima..perchè mi ricordo che all’epoca delle Torri eravamo già tutti grandemente infognati sotto  valanghe di affetto.
 Pian piano il gruppo virtuale si allargò a dismisura. Ho ricordi molto frammentari dei primi incontri con le diverse persone….  vagamente un Reggello, ma non chi vi incontrai.  Ricordo perfettamente il primo incontro con Stefania e Cristiana, entrambi del tutto al di fuori di contesti di “reunion”, altro termine del quale facemmo grandissimo uso per lungo tempo. Ricordo che a un certo punto incontrai Manu da Anna ed Ettore insieme a Virginia, e la mia conoscenza di Manu parte da lì perché fino a quel momento non ricordo niente.
 Man mano che il tempo passava i nomi cominciavano  ad avere un volto: ricorderete anche voi la campagna “finalmente do un volto a un nickname!”. Era quasi obbligatorio al ritorno da qualche incontro scrivere un’email nella quale si esprimeva il piacere e la gioia immaginifica di aver conosciuto tante persone. E le si elencava per nome. Tutte quante. Facendo ben attenzione a non saltarne nemmeno una, provvedendo magari ad inviare una seconda email se ci si scordava di qualche nome. I più previdenti e scaltri concludevano con la formula che salvava capra e cavoli del “grande abbraccio a tutti quelli che ho incontrato e dei quali mi sono scordato”.  Spesso si aggiungeva la postilla “perché sotto l’effetto di 5 birre medie”. Il mio amico Adelio Cartana era un fenomeno in questo senso, ma allora non glielo potevo dire perché mi incuteva timore. A volte gli incontri erano bizzarri, a volte no. A volte incontravi persone con le quali ti trovavi meglio, a tuo agio, a volte meno. In fondo la mailing list era un piccola metafora della vita,dove ogni incontro ti regala qualcosa ma non necessariamente qualcosa che rimarrà. E anche questa è poesia.  
Ci furono episodi che ci tennero allegri per lungo tempo, ci furono personalità che ci scombussolarono non poco. Ci fu chi ci diede modo di capire qualcosa a proposito del termine “instabilità”, faccenda in merito alla quale pian piano quasi tutti cedemmo le armi. Io e il Cala tra gli ultimi, temo. Sempre per quel voler vedere quella piccola lucina buona in fondo a chiunque e voler fare lo sforzo di concentrarsi su questa. L’altro giorno uno dei nostri docenti ha detto che il bravo psicologo è quello che sa fare questo: concentrarsi sulla parte buona dell’essere umano.  In quel momento mi sono sentita molto brava psicologa e anche molto grande pirla. Probabilmente per fare l’uno devi essere anche l’altro: ho delle potenzialità. Peccato non mi ricordi per niente la prima volta che incontrai il Cala e questa è una cosa davvero triste.
In mailing list si viveva di amore riflesso e  si scrivevano queste cose meravigliose  delle quali io non rinnego nemmeno una riga che grondavano affetto e commozione ogni piè sospinto. Ci si commuoveva un po’ sempre e per tutto,  canzoni, libri e concerti. Ed era bello anche così. All’epoca si poteva ancora parlare di brividi e lacrime senza paura o vergogna. Non sempre, qualcuno più di altri, io a piene mani… 
Altri termini amati agli albori springstiniani erano fratello e sorella. Si passò dallo stato anagrafico di glorioso figlio unico a un tripudio familiare mai visto prima. Sembrava di stare in un convento dove al posto del velo e del saio si indossavano le magliette dei concerti. 
Mi ricordo perfettamente che tutto il gruppo milanese mi metteva in tremendissima soggezione,come fanno spesso le personalità prorompenti nei confronti di quelle un po’ più schive. O come fanno i milanesi con i torinesi ed è per questo che ci facciamo soffiare sotto il naso aziende storiche e manifestazioni, che se mi portano via il Salone del Libro tiro giù a picconate qualche simbolo milanese (al momento non mi sovviene nessun simbolo bauscia se non  la Madonnina, ma io non farei mai violenza alla Madonnina).   Il Sari e il Brazzoni mi sembravano di un altro mondo. Ricordo che un giorno qualcuno mi suggerì di iscrivermi a otb. Io lo feci e visto che mi avevano detto che lì si rideva molto, diedi tempo mezza giornata e poi scrissi qualcosa del tipo “beh, non mi sembrate così divertenti!”, pensando di essere spiritosissima e molto allineata allo spirito del gruppo. Mi rispose il Brazzoni scrivendo “prova a farci ridere tu…”. Fu il primo e ultimo messaggio che mandai su otb per un anno e mezzo. Non è che mi fossi offesa, sia chiaro: ero rimasta traumatizzata. Ma questo venne molto dopo.  Diego scriveva cose piuttosto forti, non è che lo considerassi snob ma una volta lo incontrai a un concerto e lo vidi salutare nella mia direzione. Mi venne naturale voltarmi per vedere chi ci fosse alle mie spalle. Poi, a New York, portò la mia valigia dall’ascensore alla porta della mia camera: 10 metri. Pensai che in fondo poteva anche rivelarsi simpatico e meritava il beneficio del dubbio.
C’erano altre persone che per anni furono solo nomi: il Magni, per esempio. Lui era il grande capo di Bruce.it, aveva il Potere. Era inavvicinabile. Egli aveva la Conoscenza di ogni fatto e misfatto di Bruce. C’era  la Inquisition, figura mitica nel senso letterale del termine di colei che “prende su e va da sola in America a sentire Bruce”. Cosa questa che ha sempre suscitato un misto di invidia e rispetto e anche un po’ di timore, va, diciamocelo pure.  Questi due personaggi qui, Sapevano. Facevano parte di quella categoria che ti sapeva citare a memoria le parole di ogni singolo pezzo raro contenuto in bootleg mai visti. Permettete che io,  che l’unica canzone di Bruce che ho mai VERAMENTE imparato a memoria è Bobby Jean, potessi sentirmi in soggezione? Qui bisognerebbe aprire una parentesi sul discorso bootleg, ma finiremmo dopodomani. Basti dire che non avevo mai sentito parlare di niente del genere ma che non lo confessai mai, così come non confessai mai di non avere nemmeno la discografia ufficiale completa. Non lo confessai allora e non lo confesserò nemmeno ora, visto che continuo a non averla, la discografia ufficiale completa. Ma ho amato e amo Bruce di amore vero, comunque. E così sia.
Insomma, mi sembra che gli inizi siano stati più o meno questi. Qualche volto è sparito nella nebbia, qualche nome non si è mai materializzato. Qualcuno è entrato nella vita e non è più andato  via. C’è stato moltissimo divertimento, molte risate e tanta musica.  In alcuni magnifici casi ci si è accorti che dopo un po’ non si parlava più di Bruce: lui rimaneva sempre lì, sullo sfondo, ci metteva la colonna sonora però il copione del film cambiava, perché ci si accorgeva che quel “qualcuno come me” che ci aveva portati ad incontrarci non era limitato ad un unico discorso: era un come me molto più esteso, molto più vasto.  Ognuno riconosceva qualcun altro, qualcuno un po’ più simile a se. Con altri, finito di parlare di Bruce, non si sapeva più cosa dire e andava benissimo così: non è obbligatorio sforzarsi di avere qualcosa in comune con tutti, in fondo.  Alla lunga i termini fratello e sorella assunsero significati diversi, si cominciò ad usarli con parsimonia e diventarono più veri. Vere come le amicizie più reali, più vicine, più quotidiane, le prime alle quali telefonare nel bene e nel male. Tante cose fecero da filtro, in alcuni casi fu il Dolore, termine sconveniente da inserire in uno scritto che vuole esaltare la leggerezza delle cazzate e che per un attimo volge al crepuscolo della malinconia, ma il dolore è spesso il cemento che solidifica le amicizie più forti. Nemmeno springsteen. it e tutto quello che ne derivò sfuggì a questa regola. Per me fu così.
Un grande abbraccio a tutti i mailers che ho incontrato e dei quali non ho parlato altrimenti non finivo più: see you on the road, somewhere in the land of hope and dream. Oh yeah!

3 commenti:

Anonimo ha detto...

ma va a cagare, va.

One Lusty Sagittarian ha detto...

I will learn Italian just to read what you have to say my friend.

One Lusty Sagittarian ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.